lunedì 31 marzo 2014

Storia di vicolo

Dal portone azzurro usciva l'uomo, e quasi trascolorava, coi pantaloni chiari, sotto al fitto ed esile pergolato di foglie e cemento.
La madre giovane aspettava per accendere, e più in là il padre scurito, le figlie piccole per mano, rabbioso per un istante. Con fastidio verso i muri raschiati e le facce dietro vetri socchiusi, ascolta una litania incessante, gli sale dagli anni. Può darsi che sia affetto, vuole dirsi.
Riconosce le donne belle scendere dal vicolo con molto trucco nero, rosso, argento. Profusione di luce attorno al capo e alle spalle, si inchina devoto con la lingua tra i denti.
Su nel vicolo ringhiere strette trattengono vasi e api, buio e luccicore
tra foglie marcite, buio tra le gambe dei passanti.
Si disegna un serpente sul portone azzurro, un lucore improvviso
e guizzante, una vena che pulsa, odore forte di buono.

Hai deciso di farmi una sorpresa, lo sai bene che a me piacciono molto e perciò ecco le tue storie. Di come ci siamo incontrati, dei
doni per me rotolati sul selciato, del serpente tratteggiato con
maestria. Il tempo cresce e fiorisce, bambini di strada festanti sempre spezzano i confini, forse ci credono davvero. Vorrebbero andare, noi lo sappiamo, siamo i nati del vicolo.

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