lunedì 30 giugno 2014

Lucente

Si strinse nella coperta, sentiva il mondo rotolare più forte sotto alla furia del temporale. Ogni tuono una scossa, ogni rovescio d'acqua uno strappo. Bruciava nella notte, sussultando al miagolìo implorante del gatto in terrazza.
Il gattino sul terrazzo, il riccio alle sterpaglie, le palpebre, la biscia nella fenditura, il frigo vuoto, le stelle trafitte dai lampi, le mani a pugno, le briciole cadute, i piatti sporchi, notte smisurata di rumori, di silenzi...

Enumerò con molto bisogno quello che per lei era suo, compresa la pioggia violenta, la posizione delle foglie del grande olmo, i nomi
Diego, Paul, la voce che chiama, la valigia aperta...
La brezza che dava sollievo quando al tavolino del bar, impaziente,
giocava a sollevare i lembi della tovaglia rossa... Il conto dei minuti,
tutte le volte dell'attesa, ripetute.

Avrebbe poi avuto il suo sguardo, da toccare. Un sentimento edificato come una cattedrale, con le guglie pungenti nel cielo e i dolci rosoni rotondi e fioriti di colore, luce liquefatta sulle superfici amate dalle ombre dei rilievi...
Ruvida, liscia profondità verticale, precipitata nel cuore infuocato della terra, ed innalzata nella vertigine dei cumuli nembi a smaniare per gli dei lontani.

Un altro bagliore infiamma la stanza, ed il fragore è un urlo del cielo.

Cos'è questo mondo che ho dentro e che preme, sembra voglia uscire, catapultarsi fuori. Ma è grande, è immenso e non so quando mai si sia formato, ci sono voluti forse anni?

Visione dopo visione, tocco dopo tocco, ricordo dopo racconto, sedimento stratificato e vivo, pulsante come la creazione. Da dove
vuole scaturire, da dove spaccare con pena e gioia, trepidante.
Nel modo che mi ha fatto piangere, sciogliere proprio, e ridere con punte acuminate e carezze tenere da bambino, da amante.

Si vede? Vuole farsi vedere, pretendere, questo mio mondo possidente. Ne sono invasa e sono l'invasore. Si libera, si libra, cola, ne sento il sapore, si dipana, scioglie luce, va ad illuminare...

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