martedì 15 aprile 2014

C'era. Non c'è. Riemerso

E' bastato un viaggio rapido e indolore
dimenticando il senso del tempo
per trovare ancora la bambina
il trifoglio è lo stesso, curiosamente
le pietre sono seppellite, ma sono
nella carne della terra, rimaste
per rifare la casa, ricostruirla
le finestre color cenere, i vetrini
il legno consumato della scala
si deve richiamare poi la muffa sul muro
il portone dalla chiave difficile
e là si apre il fosso, la curva d'ansa
le chiome delle acacie si specchiano
hanno già la luce dei fiori, il profumo
lei è tra la casa e l'acqua
il posto perfetto, il suo, con l'odore
che lei riconosce, di paradiso
che fa alzare mento braccia gambe
si vola intorno, piccoli corpi, pulviscolo
i raggi di un sole dio, immerge le dita
nell'acqua fino a toccare il fango, i girini
non temono, le erbe non temono
lei ha occhi buoni e furiosi, vuole
mentre la casa si erige alle sue spalle
l'ombra si allunga, ecco il tetto arrivare
dov'è posato il merlo, più su, si aggancia
al lembo di una nuvola, adesso sono le voci
un litigio, è questo il suono, lo sente nella pancia
ugualmente il chiarore scende da quella finestra aperta
dolce dolce, nei fogli di carta che stanno planando
strappati da mani furenti, giovani, molto belle
la terra, sassolini, margherite, polvere, accoglie
rimane, assorta, scordata mai, come eterna
lei e lei e lei si lascia incidere
lei è un frutto dell'acqua, della terra
trova benedizione, qualcuno compie il gesto
necessario per tornare, per riprendere, accompagnata
si è data alla luce, come dire nata ancora

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